Qual’è lo scenario energetico che le imprese devono attendersi per il 2019?
Purtroppo, tutti gli indicatori di cui disponiamo, dicono che l’escalation dei prezzi energetici iniziata con la primavera scorsa non si è esaurita e che ci attendono ancora diversi mesi, direi fino ad aprile, di quotazioni elevate. Ricordo che a gennaio il PUN, cioè il prezzo di borsa dell’energia all’ingrosso, era di 49 €/MWh ed è salito a 76,32 €/MWh con settembre. Le previsioni che possiamo oggi formulare vedono un PUN al di sopra dei 70 €/MWh ancora per un 4-5 mesi. Anche per il gas dobbiamo attenderci una conferma delle elevate quotazioni attuali. Il 2018 è iniziato con un gas a 20 €/MWh ed a settembre eravamo a 30 €/MWh e, come per l’energia elettrica, tutte le previsioni dicono che sino alla seconda metà di aprile, i prezzi sul PSV (che rappresenta la borsa del gas) saranno tra i 27 ed i 30 €/MWh. Se consideriamo che l’anno termico ottobre 2017-settembre 2018 si è chiuso con un prezzo medio di 23,11 €/MWh alla voce metano l’incremento dei costi per le imprese rischia di essere nell’ordine del 20%.
Quali sono le cause dei forti aumenti che le imprese si ritroveranno in bolletta nei prossimi mesi?
Paghiamo le turbolenze e le incertezze che segnano la scena geo-politica su tutto lo scacchiere medio-orientale e del Nord Africa, quindi un Iraq che vede irrisolta la questione curda (con i grandi giacimenti del Kurdistan), la Siria con un assetto indefinito, una Libia con due Enti petroliferi entrambi minacciati dalle più diverse milizie tribali. Si aggiungano le nuove sanzioni Usa all’Iran ed in generale la politica protezionista dell’amministrazione Trump. Una miscela esplosiva che ha impattato in primo luogo sui prezzi degli idrocarburi, petrolio e gas naturale e che ovviamente dal gas si è riflessa sull’energia elettrica, che, in Italia soprattutto, ha nel gas la fonte principale.
C’è da dire che la forte concorrenza portata dalla liberalizzazione del mercato elettrico ha contenuto l’incremento dei prezzi, costringendo i produttori a comprimere i propri margini. Potrebbe apparire una magra consolazione, ma bisogna invece essere consapevoli dei vantaggi di un libero mercato in una congiuntura politica che proietta nuovamente l’ombra di un incombente statalismo di ritorno.
Questi incrementi vanno a incidere su una realtà, quella italiana, già strutturalmente peggiore rispetto allo scenario degli altri competitor stranieri. In Italia, sul mercato all’ingrosso l’energia elettrica costa il 12% in più che in Francia ed il 40% più che in Germania. Questi divari sono strutturali e non rimediabili nel breve periodo e dipendono dal mix di tecnologie e quindi di combustibili. La Francia si basa per il 75% della sua produzione sul nucleare. La Germania per il oltre il 40% si affida al carbone. Noi dipendiamo essenzialmente dal gas che è il più caro tra i combustibili disponibili.
Ci sono delle azioni di politica economica ed energetica che le istituzioni, Governo in primis, potrebbero intraprendere sia nel breve, sia nel lungo periodo?
L’unico intervento che nel breve periodo potrebbe modificare in misura significativa la fattura energetica delle imprese è un trasferimento alla fiscalità generale degli oneri di sistema ed in specie della componente A3 (incentivazione delle rinnovabili). Nel 2017 su di una bolletta elettrica nazionale di 45,6 miliardi di euro (al netto dell’IVA) gli oneri di sistema hanno pesato per 14,6 miliardi e di questi 12,4 miliardi sono andate alle rinnovabili (il 27% del totale). Nel più lungo periodo, seguendo l’indirizzo già assunto a partire dal 2012, occorrerebbe da un lato graduare con maggiore attenzione gli incentivi alle rinnovabili, riducendone il peso, e da un altro sostenere le linee di ricerca innovative sulla decarbonizzazione.
Perché la questione energetica, anche alla luce dei forti incrementi attesi, non è in testa all’agenda politica italiana?
La totale incomprensione della problematica energetica italiana è espressa emblematicamente dalla vicenda del TAP, accettato alla fine con rassegnazione dal Governo. Del resto, passi avanti per ridurre i costi per famiglie ed imprese si possono compiere solo procedendo verso una maggiore integrazione a livello europeo tra i diversi sistemi energetici nazionali, ma chiedere oggi più Europa all’attuale vertice politico sembra scarsamente realistico.